In Italia l’investimento in start-up agroalimentari è ancora molto basso rispetto ai Paesi nostri concorrenti, ma la ripresa post-pandemia può diventare l’occasione per un cambio di passo.
In presenza e in co-location con HostMilano e MEAT-TECH, quest’anno TUTTOFOOD sarà ancora di più anche un luogo dove parlare, vedere, toccare tutto ciò che riguarda l’innovazione in tema di tecnologia: app, food delivery, e-commerce, tracciabilità. Evolution Plaza sarà l’arena per le più recenti e attuali soluzioni per la trasformazione digitale e sarà l’anima dell’area TUTTODIGITAL, che proporrà iniziative tanto dai grandi player come da start-up innovative, accompagnate da best practice portate direttamente dagli espositori. Per la divulgazione dei contenuti digitali durante l’anno, la manifestazione si avvale anche del know-how del partner Netcomm, il consorzio italiano del commercio digitale. Di grande rilievo anche lo spazio Innovation Area, che presenterà il nuovo concorso di TUTTOFOOD dedicato all’innovazione.
Proprio le start-up possono giocare un ruolo essenziale per uno sviluppo sostenuto nel tempo del settore agroalimentare. Secondo i dati di diversi analisti internazionali, elaborati per TUTTOFOOD da H-Farm – uno dei più importanti incubatori d’impresa italiani – nel 2021 l’agroalimentare rappresenterà il 10% di un investimento globale in start-up pari a oltre 300 miliardi di dollari. Circa 30 miliardi, quindi, dei quali 14,3 a monte e 15,8 a valle della filiera. L’Italia è purtroppo ancora molto indietro in questa corsa: basti pensare che nel 2019 le nostre start-up hanno raccolto soltanto 21 milioni di euro, contro i 439 milioni di un nostro concorrente diretto come la Spagna. Questo però significa che esistono amplissimi margini di crescita e la ripartenza post-pandemia può essere l’occasione giusta per valorizzarli.
Innovazione al servizio del “saper fare”
Ne è convinto Andrea Casadei, Business Developer & Strategies di H-Farm ed esperto di innovazione e comunicazione digitale: “In Italia il cambiamento sta riguardando soprattutto il ‘saper fare’, la nostra innata capacità di saper trattare la materia prima di qualità per ottenere prodotti alimentari d’eccellenza. Oggi questa capacità si deve confrontare con un cliente più esperto ed esigente, che vuole sapere dove e come sono fatti i cibi e chiede una relazione più diretta. Anche le classiche aziende ‘artigianali’ italiane cominciano a chiedersi come instaurare questo rapporto diretto. E l’e-commerce è solo la punta dell’iceberg”.
“Durante i lockdown si è parlato moltissimo anche di delivery e delle dark kitchen – continua Casadei – che senz’altro sono fenomeni destinati a rimanere, ma nel prossimo futuro si profilano ulteriori novità che vanno nella direzione di una sempre maggiore specializzazione. Si va da tecnologie che permetteranno a bar e tavole calde di servire piatti pronti con ricette più elaborate e di maggiore qualità, ai locker a temperatura controllata che consentiranno al retail di ampliare con i freschi, i surgelati e più cibi pronti l’offerta disponibile tramite questa modalità, fino a un’automazione sempre più spinta del punto vendita. Le casse automatiche le vediamo da tanto, ma questa fase riguarderà soprattutto il ‘dietro’ che il cliente non vede, come le gestione del riapprovvigionamento, che però si tradurrà per lui in una disponibilità più costante di prodotti a scaffale”.
Specializzazione e risposte diversificate che sono possibili anche grazie alla sempre più stretta collaborazione tra realtà di settori diversi, che trova proprio negli incubatori uno degli ambienti più favorevoli.