Il mercato ittico ha risentito dell’onda lunga della pandemia, ma guarda al futuro con speranza, confortato da numeri in crescita.
Oservatorio realizzato in esclusiva per TUTTOFOOD da Il Sole 24 Ore Radiocor
Nel periodo dell’emergenza sanitaria sono aumentati i consumi di pesce cucinato a casa, ma il comparto ha dovuto fare i conti con la chiusura del canale Ho.Re.Ca, ossia di alberghi, ristoranti e catering. In più anche il crollo del turismo ha giocato la sua parte, così come la crisi economica che soprattutto nei Paesi con economie più deboli ha spostato nettamente la domanda verso il pesce di minor pregio o soprattutto verso beni surrogati o alternativi meno costosi. Le stesse attività della pesca e dell’acquacoltura hanno subito ovvi rallentamenti. Già in vista del ‘reopening’, però, il comparto ha registrato segnali di risveglio. Come in ogni crisi, la pandemia ha creato anche opportunità, dando ad esempio una spinta positiva alla riorganizzazione del settore, con le aziende che hanno cercato sempre più di avvicinarsi direttamente al cliente finale, realizzando una rete diretta di distribuzione e ricorrendo allo shopping su Internet. Nell’ultimo periodo i riflettori si sono accesi anche sui processi di stoccaggio e conservazione del pesce, oltre che a quelli di trasformazione sia per rispondere alla forte domanda di prodotti adatti alla conservazione, come quelli in scatola e surgelati, sia per non sprecare la quantità di pesce fresco, quello ad esempio rimasto invenduto durante i periodi di emergenza sanitaria. Secondo uno studio di Global Info Research, il settore del pesce congelato è in forte espansione ed entro il 2025 raggiungerà un valore di circa 52.550 miliardi di dollari, crescendo in media del 5,7% l’anno. Nel 2019, il valore di mercato era di circa 42.000 miliardi di dollari.
L’emergenza ha spinto il congelato, il reopening il fresco
La pandemia ha provocato un cambio di passo nelle tendenze di consumo degli italiani: nel 2020 ha prevalso la preferenza verso i prodotti ittici trasformati, rispetto ai prodotti ittici freschi. Il trend, tuttavia, non è risultato duraturo visto che nel 2021 è emerso un ritorno allo shopping di pesce fresco. Secondi i dati elaborati da Ismea-Nielsen, nel primo trimestre 2021 la spesa di cibi e bevande, dopo aver chiuso l’anno scorso con un rialzo del 7,4%, ha registrato un ulteriore spunto di crescita di quasi il 3% rispetto ai primi tre mesi del 2020, attestandosi ben il 12% sopra un’annata normale come il 2019. Ma i dati hanno mostrato che per la prima volta a trainare la crescita sono stati i prodotti freschi sfusi rispetto a quelli confezionati (+3,7% contro un +2,5%) e, soprattutto, le bevande (+13%) rispetto ai generi alimentari (+1,7%). In pratica la maggior fiducia per un ritorno alla normalità ha dato nuovo slancio ai prodotti che fungono «da compensazione alle privazioni». A guidare la classifica sono stati proprio i prodotti ittici freschi, insieme ai vini e agli spumanti. Più nel dettaglio, secondo Ismea, il comparto ittico, nel primo trimestre dell’anno, ha vantato un incremento di spesa del 15%, superando in parte le difficoltà del 2020. L’andamento del comparto è stato fortemente influenzato dal segmento del fresco, che ne rappresenta il 48%, e per il quale le restrizioni legate alla pandemia hanno avuto un fortissimo impatto. Già nel dicembre 2020, il pesce fresco aveva segnato la miglior performance, con un progresso del 21% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Rialzo che aveva permesso addirittura il superamento dei numeri realizzati nel 2019. La corsa delle vendite di prodotti ittici freschi è continuata nei primi tre mesi del 2021, arrivando a toccare il +28,5% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. A sostenere il comparto in terreno positivo, sia nel 2020 che ad inizio 2021, ci sono stati però anche i prodotti ittici surgelati che, apprezzati in periodo emergenza, hanno poi mantenuto l’interesse dei consumatori, che ne hanno ulteriormente incrementato gli acquisti (+10,5%). Sono inoltre risultate in notevole incremento le vendite dei prodotti affumicati (principalmente rappresentati da salmone), per i quali la spesa è cresciuta del 20,7%. Per contro hanno perso slancio le conserve ittiche (prevalentemente rappresentate dal tonno in scatola). L’anno scorso, invece, i consumi si erano dirottati perlopiù verso il pesce congelato o quello in scatola, a scapito di quello fresco che da una parte aveva risentito degli effetti del contenimento sanitario, con un quasi azzeramento della domanda sia sul fronte dell’Ho.Re.Ca. (dove in genere vanno i prodotti più pregiati), sia sul fronte domestico, che aveva pagato dazio al diradamento degli acquisti, che ma si conciliava con l’alta deperibilità del prodotto. Sempre secondo le stime di Ismea ad esempio nel primo semestre 2020 i consumi ittici delle famiglie italiane erano aumentati del 4,4%, trascinati dai consumi di prodotti surgelati (+20,8%) e di conserve ittiche (+11,9%), rappresentate queste ultime prevalentemente dal tonno in scatola, e dagli ittici secchi o affumicati (+11,6%). Il pesce fresco aveva subito una vera e propria battuta d’arresto (-6,1%).
L’andamento dei prezzi impone un ripensamento sulle filiere
L’anno scorso il prezzo all’ingrosso del pesce era diminuito, risentendo del calo della domanda del canale Ho.Re.Ca. Tuttavia era salito il prezzo medio al consumatore finale del pesce congelato, all’incirca del 4% nella prima parte del 2020. Forse anche per questo in tempi di pandemia sono stati fatti notevoli sforzi per accorciare le filiere, con i produttori e i distributori che hanno cercato di ridurre i passaggi e avvicinarsi al cliente finale. Per altro tale tendenza finirebbe per avere benefici anche sul fronte della sostenibilità, con impatti positivi a livello ambientale e sociale. Filiere più corte comporterebbero non solamente una maggiore prossimità tra consumatore e produttore, ma anche tra produttori e fornitori. Ad esempio nel caso dell’acquacoltura occorrerebbe realizzare azioni che avvicinino la contiguità territoriale delle fasi a monte (come industria dei mangimi e produzione di avannotti), con quella dell’ingrosso. Un altro argomento di riflessione in tempo di pandemia è stato quello relativo allo stoccaggio e alla trasformazione delle materie prime in modo da garantire non solamente periodi più lunghi di autosufficienza in caso di emergenze, ma in modo anche da prevenire sprechi. Va da sé, poi, che dopo l’emergenza sanitaria le aziende del comparto ittico hanno investito più che mai per mantenere alti gli standard di igiene e sicurezza e per far sì che negli ambienti di lavoro ci sia un basso rischio di contagio. Garanzie che i gruppi, sempre più, vogliono far valere direttamente sul mercato dei consumatori.
Comparto in via di riorganizzazione tra vendite dirette e Internet
L’emergenza sanitaria ha favorito una riorganizzazione del settore ittico. Una ricerca condotta dal gruppo di lavoro “Blue Economy” del Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), con la collaborazione con la Società NISEA (Ricerca economica nei settori della pesca e dell’acquacoltura), ha messo in evidenza che le aziende ittiche l’anno scorso hanno adottato nuove misure gestionali ed organizzative in modo da rivedere le modalità di commercializzazione dei propri prodotti. In pratica i produttori hanno cercato di incentivare vendita diretta, prenotazioni a distanza, acquisti on-line e consegne a domicilio. Una mano in tal senso è arrivata anche dai Governi, che in quasi tutta l’area del Mediterraneo e del Mar Nero hanno cercato di sostenere le filiere per compensare le conseguenze economiche determinate dalle misure restrittive adottate in tempi di pandemia. In particolare sono state introdotte azioni per diffondere strategie innovative di marketing, finalizzate, ad esempio, a ridurre la catena del valore o introdurre nuovi modelli di vendita diretta ai consumatori e di consegne a domicilio. Così in Croazia, Francia, Italia e Tunisia, sia le organizzazioni di produttori che i singoli pescatori si sono organizzati per vendite a domicilio attraverso chiamate telefoniche o utilizzo di app dedicate e siti web. Tuttavia tali innovazioni nel delivery, per essere mantenute nel tempo, avranno bisogno di essere accompagnate dall’attivazione di azioni di controllo e supervisione in grado di evitare derive di illegalità da parte di attività non regolamentate. I Governi hanno poi incoraggiato anche il ricorso a nuove tecnologie innovative anche nel comparto della trasformazione.
Fiorital, dal brevetto innovativo all’apertura del ristorante a Padova
In Italia esistono numerose eccellenze nel settore ittico. Tra i tanti nomi emerge quello della veneziana Fiorital, che opera da oltre 40 anni opera nel settore ittico, rappresentando un punto di riferimento e divenendo leader del mercato, sia su scala globale che nazionale. Nata nel 1979 sia con il commercio all’ingrosso, sia con quello al minuto del pesce, oggi offre un assortimento molto ampio, che spazia dal fresco al congelato. Da sempre Fiorital è stata attenta alle esigenze del consumatore proponendo nel corso del tempo prodotti ad alto servizio ready to cook, to heat e to eat, ricercando ingredienti naturali e genuini. Per garantire la qualità dei prodotti l’azienda ha brevettato nel 2013 il Protocollo Dyp, che prevede un’attenta selezione delle origini, della pesca, delle materie prime grazie a un abbattimento ultrarapido (fino a -120°C), un rigido sistema analitico e, infine, un mantenimento delle temperature lungo l’intera filiera per custodire nel tempo i valori nutrizionali ed organolettici. I prodotti Fiorital oggi sono presenti nella gran parte della GDO. Sono presenti negli scaffali di Coop, Conad e Aldi, nella rete grossisti e nel canale Ho.re.ca. Negli ultimi anni l’azienda ha iniziato ad affacciarsi anche nel mondo del consumatore, aprendo diversi corner di vendita all’interno di alcuni centri commerciali. Inoltre ha inaugurato il ristorante Ytheca, un laboratorio di sperimentazione con sede a Padova dove convivono due anime, la somministrazione e la vendita. L’azienda ha da sempre a cuore il tema della sostenibilità. Per questo per realizzare gli arredi di Ytheca, sono stati recuperati i materiali dalla precedente sede.
Comavicola strizza l’occhio alla Gdo con i suoi marchi
Altra azienda degna di nota è la milanese Comavicola, fondata nel 1956 da Angelo Giuseppe Villa e oggi società da un centinaio di milioni di euro. Se inizialmente commercializzava più che altro carni e uova, nel corso degli anni si è focalizzata nel settore ittico congelato diventando leader nel Nord Italia nella distribuzione multicanale (GDO, industria alimentare, mercato all’ingrosso, ho.re.ca. e dettaglio). Forte del consolidato ruolo di importatore e distributore, l’azienda ha abbastanza di recente sostenuto significativi investimenti volti alla creazione della nuova sede operativa (Pioltello), che include un’area dedicata alla lavorazione dei prodotti commercializzati. Area dove avviene un meticoloso controllo della qualità, anche grazie a metal detector e macchine a raggi X. La pandemia, però, ha colpito duramente Comavicola, legata a doppio filo al canale Ho.Re.Ca. e così, per parare altri eventuali colpi in futuro, i vertici della società hanno deciso di spingere l’acceleratore sul fronte della grande distribuzione, con i prodotti venduti sotti i marchi di proprietà Fish Atelier e il Principe Pescatore. Brand che pongono in primo piano anche il tema della sostenibilità e dunque utilizzano un packaging riciclabile.
F.lli Monti, con norvegese Jaangard punta a rafforzare la filiera
In primo piano è anche l’azienda di baccalà dei F.lli Monti, specializzata nella commercializzazione di pesci essiccati e conservati di alta qualità. La società abruzzese, con sede a Corropoli in Val Vibrata, fu fondata nel 1903 da Alceste Monti, sin da subito cercò di rendere il merluzzo e i prodotti lavorati da esso derivati il più possibile fruibili per il consumatore. La ricerca va avanti anche oggi, con la F.lli Monti che cerca di coniugare tradizione e innovazione e al tempo stesso di essere al passo con i tempi, spingendo i propri prodotti nei ristoranti, così come nei supermercati. La praticità nell'utilizzo, la tutela dell'ambiente e la genuinità, sono i punti chiave della società, che così da oltre un secolo porta sulle tavole degli italiani il merluzzo trasformato in baccalà o stoccafisso. Per garantire la bontà della materia prima ed evitare passaggi intermedi, la società ha stretto un sodalizio con il gruppo norvegese Jangaard, uno dei più grandi esportatori e produttori al mondo di baccalà. «Nel 2015 abbiamo venduto il 60% del capitale al gruppo norvegese», racconta l’amministratore delegato di F.lli Monti, Massimo Monti, sottolineando che il gruppo ha deciso di investire direttamente nell’azienda italiana, individuandone un alleato indispensabile per la lavorazione del prodotto finito. «E’ la prima volta che un’azienda italiana di import riesce a creare una partnership con un’azienda produttrice, in modo da realizzare un’operazione di filiera», rimarca il ceo, che intanto già guarda con ottimismo al futuro. «Con i vaccini, speriamo che le cose si sistemino. In più il comparto Ho.Re.Ca. ha già dato segnali di forte ripresa: abbiamo ricevuto ordini importanti». In piena pandemia, invece, F.lli Monti aveva risentito del crollo della domanda da parte di ristoranti e alberghi. «Ad ogni modo siamo caduti in piedi, visto che abbiamo importanti clienti nel mondo retail, dove siamo riusciti a stringere anche nuovi accordi». Per il futuro F.lli Monti si propone di continuare a portare avanti l’ampliamento della capacità produttiva e di sviluppare nuove linee di prodotto, «magari in collaborazione con altre società anche per offrire piatti già pronti», specifica Monti, ricordando che l’industria del baccalà «alla fine soffre di staticità visto che il prodotto è di nicchia e non è mai stato spinto fino in fondo». Già da qualche anno F.lli Monti è attenta ai temi della sostenibilità e così ha adottato misure nei processi di lavorazione che garantiscano un ampio risparmio energetico. F.lli Monti ha inoltre optato per l’adozione di tecniche avanguardistiche per lo smaltimento dei rifiuti e degli imballaggi in maniera differenziata. «Stiamo cercando di ridurre l’uso di plastica, cercando di sostituirla per quanto possibile con cartoni riciclabili. In più in azienda abbiamo introdotto pannelli fotovoltaici per essere quasi autosufficienti. Usiamo tutta una serie di accortezze per ridurre i consumi, soprattutto quelli d’acqua: il rapporto tra litri d’acqua utilizzata e chili di prodotto realizzato è molto basso», conclude l’imprenditore.