UK: l’export verso l’UE crolla del 20% dopo la Brexit
Dopo la Brexit, le esportazioni di prodotti alimentari britannici verso l’Unione Europea sono diminuite di quasi 3 miliardi di sterline all’anno, circa il 20% in meno rispetto al periodo precedente. Questo calo, segnalato dal Centre of Inclusive Trade Policy (Citp), è attribuito a nuove barriere regolamentari, come controlli fisici, documentali e di identità, che hanno complicato il commercio. Il governo britannico mira a negoziare un accordo sanitario e fitosanitario (SPS) con l’UE per ridurre queste barriere, come promesso dal leader laburista Keir Starmer.
Il settore agroalimentare, che rappresenta il 13% della forza lavoro del Regno Unito, ha subito un calo medio del 16,3% delle esportazioni verso l’UE dal 2021. Prima della Brexit, un’armonizzazione normativa consentiva catene di approvvigionamento altamente integrate. Ora il Regno Unito, classificato come “Paese terzo”, affronta nuovi requisiti che incidono negativamente sul commercio.
Nel 2023, le esportazioni globali di alimenti e bevande del Regno Unito hanno raggiunto 24,4 miliardi di sterline, in calo di 3,1 miliardi rispetto al 2022, mentre le importazioni sono scese a 61,1 miliardi di sterline. Il deficit agroalimentare complessivo è stato di 36,7 miliardi di sterline. Nell’UE, il Regno Unito ha esportato 14 miliardi di sterline e importato 43,8 miliardi, con un deficit di quasi 36 miliardi di euro.
Il Citp sottolinea che un accordo SPS richiede l’allineamento regolamentare tra UE e Regno Unito, identificando le divergenze normative attive e passive. L’UE ha introdotto standard più severi in settori come pesticidi, mentre il Regno Unito si è concentrato sul benessere animale. Tuttavia, differenze nelle procedure normative, nei controlli alle frontiere e nei processi interni britannici complicano il negoziato, minacciando la “sovranità” del Regno Unito.
Le nuove normative, introdotte nel 2023, hanno aumentato i costi per gli esportatori. Gli operatori del settore, come quelli della carne e dei latticini, hanno speso oltre 205 milioni di sterline per certificati sanitari. Tali barriere, unite a divergenze legislative e procedurali, rappresentano una sfida significativa per il futuro del commercio agroalimentare britannico.